lunedì 18 giugno 2012

la leggenda del santo bevitore

Il film "La leggenda del santo bevitore", narra la storia di Andreas, un senzatetto a cui vengono offerti 200 franchi da un distinto signore sconosciuto, d'accordo che li avrebbe riportati la domenica mattina dopo la Messa nella chiesa dove si trova la statua di Santa Teresa di Lisieux.
Nel tentativo di fare ciò, Andreas ha a che fare con una serie di circostanze che lo allontanano e lo avvicinano al suo obiettivo.
Alcuni passaggi di questo film non sono immediati, ed esso non è sempre facile da capire.
E' un film che parla della povertà materiale nella figura di Andreas, ma mette però ancor più in evidenza tutta una ricchezza valoriale: il senso del dovere e l'onore di un patto mantenuto, la fiducia di uno sconosciuto, l'amicizia di un amico, l'amore di una donna, la dignità nel prendersi cura di sè, la generosità e solidarietà nel dare ad un amico "bisognoso" i 200 franchi.
Questi valori sono sicuramente amplificati nel film, ma sono valori che io ho ritrovato anche in molte persone che vivono in strada.
Riflettendo infatti sulla generosità, una delle cose che più mi ha colpito quando ho inziato il tirocinio nel centro diurno per indigenti, è stata quella di vedere come tra poveri ci si offrisse il caffè: persone che si creavano un debito per offrire un caffè. La cosa può essere vista, non a torto, come una cattiva gestione dei soldi, ma a me piace pensarla come gesto di estrema generosità.
Prendersi cura di sè è un segno di grande affetto verso la propria persona, e quando ci si vuole bene si è anche più disposti verso gli altri, verso la relazione. Tra l'altro le persone si avvicinano più facilmente.
Purtroppo chi vive in strada è talvolta vittima di un atteggiamento spersonalizzante; egli è considerato privo di valori, come un animale, per qualcuno, come una "bestia". Dobbiamo quindi ricominciare a guardare negli occhi l'uomo che abbiamo davanti ed iniziare ad ascoltare di più i suoi silenzi.
Infine, un altro aspetto importante che viene toccato nel film e che ritrovo nei senzatetto, è la forte presenza del passato. Un passato che ritorna prepotentemente a paralizzare la persona, e che non gli permette di fare il salto di qualità, il cambiamento auspicato.

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